
Incentivi da rivedere ma tante piccole imprese edili sono a rischio
Stop totale a sconto in fattura e cessione del credito con 47mila posti nell’edilizia a rischio: d’ora in avanti per i nuovi interventi edilizi (non quelli già avviati) dovrebbe restare, salvo nuovi interventi del governo, solo la strada della detrazione d’imposta. Che significa: pagare direttamente i lavori da parte del committente e poi rientrare di una determinata percentuale (che può essere anche il 110%) in 5 o 10 anni. E poi arriva anche il divieto per le pubbliche amministrazioni ad acquistare crediti derivanti dai bonus edilizi.
Finisce la sbornia da Superbonus edilizio (in sintesi: spendo 100, lo Stato mi restituisce 110 e non tiro fuori un soldo perché cedo il credito) che è costata oltre 110 miliardi in due anni alle casse dello Stato. Uno stop, brusco, che ferma di fatto un fenomeno che aveva preso piede da poco, ma che aveva avuto un certo seguito ma che è finito per costare a 2mila euro a ciascun italiano. Ora l’urgenza è “riattivare la possibilità per gli intermediari nell’acquisto di questi crediti” rimasti incagliati, sottolinea il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, spiegando che nel mirino non c’è il superbonus, ma la cessione dei crediti d’imposta: una montagna da “110 miliardi”, che deve essere gestita a livello di debito pubblico.
Ma tutto il settore dell’edilizia accoglie con grande preoccupazione la decisione del governo. “Se, come sembra, il Governo bloccherà per sempre la cessione di nuovi crediti senza aver individuato prima una soluzione per sbloccare quelli in corso vorrà dire che si è deciso di affossare famiglie e imprese”, avverte la presidente dei costruttori Federica Brancaccio. Confedilizia si dice “perplessa” per l’eliminazione della cessione del credito e resta in attesa fiduciosa: “ma buttare il bambino con l’acqua sporca – avverte – non sarebbe la scelta più saggia”. Critiche anche dalla politica, a partire dal M5s che tanto si è speso per il superbonus. “È un colpo letale del governo all’edilizia”, dice Giuseppe Conte. E dal Pd Stefano Bonaccini rincara: mandano le famiglie sul lastrico. Nella maggioranza, infine, anche il partito più critico, Forza Italia, di fronte al necessità di mettere in sicurezza i conti ha abbassato i toni. “Siamo intervenuti – ha spiegato il vicepremier Tajani – perché c’era stata una lievitazione dei crediti”, dovuta al fatto che nei governi precedenti – è il riferimento è a Conte – c’è stata una “mancata una pianificazione”.
Per non dire del fatto che le imprese si trovano ad aver acquistato crediti fiscali che non possono cedere e neppure scontare dati gli importi elevati e sono a rischio di saltare proprio perché verrà meno loro la liquidità necessaria. “Risolvere, con un compratore di ultima istanza, il grave problema dei crediti incagliati degli imprenditori che hanno effettuato lavori utilizzando i bonus edilizia e riattivare un sistema sostenibile e strutturale degli incentivi per il risparmio e l’efficientamento energetico degli edifici”. È quanto sollecita il Presidente di Confartigianato Marco Granelli che sottolinea: “Da tempo sosteniamo la necessità di ridiscutere il sistema degli incentivi. E avverte: “Grazie alla spinta dei bonus edilizi tra il 2019 e il 2022 ben 2,1 punti di crescita del Pil arrivano dai maggiori investimenti in costruzioni in Italia rispetto al resto dell’Eurozona. Inoltre, tra il quarto trimestre 2019 e il terzo trimestre 2022 il settore delle costruzioni ha fatto registrare un aumento di 257mila occupati”. Ma “la strada dei bonus edilizia, da maggio 2020 a novembre 2022 è stata però costellata di continui stop and go normativi: ben 224 modifiche, una ogni 16 giorni. E così cittadini e imprenditori si sono trovati imprigionati in una vera e propria ragnatela burocratica. Un’esperienza culminata con il blocco dei crediti nei cassetti fiscali degli imprenditori, che ora mette a rischio 47mila posti di lavoro, e l’incertezza sulla sorte degli incentivi. Questo non è il modo migliore per favorire la transizione green”.