Imprese agricole gestite da donne (foto archivio Shutterstock)
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Tra i settori a non diminuire ci sono sono le attività immobiliari, i servizi di informazione e comunicazione, il comparto relativo a noleggio e servizi alle imprese e i servizi sanitari. Saldo negativo per agricoltura, commercio ed edilizia

Resta sui pedali anche nel primo trimestre dell’anno il tessuto imprenditoriale ferrarese. I dati del primo trimestre, ad oltre un anno dall’inizio della pandemia, portano meno di 500 nuove iscrizioni, 20 in più rispetto al 2020, rimanendo su un ordine di grandezza che è la metà di quanto si registrava quindici anni fa. Le incertezze dello scenario economico, tra attese sull’evoluzione della pandemia e prospettive di rilancio legate al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), influiscono anche sulle cancellazioni, che continuano invece a rallentare. E’ questo il quadro di sintesi che emerge dall’analisi sulla nati-mortalità delle imprese ferraresi nel primo trimestre dell’anno, fotografati attraverso i dati dell’Osservatorio dell’economia della Camera di commercio di Ferrara.

Le iscrizioni tra gennaio e marzo – evidenzia l’ufficio Studi dell’Ente di Largo Castello – sono state 499 (250 unità in meno rispetto al trimestre del 2020), che, confrontate con le 695 cessazioni, portano a un saldo negativo di 196 imprese in meno contro un calo, nello stesso trimestre del 2020, di 468 unità. Un dato che, anche sommato alle cancellazioni decise d’ufficio dalla Camera di commercio a seguito di una prolungata inattività delle imprese (di norma non considerato dalle rilevazioni Movimprese), porterebbe tecnicamente il totale delle chiusure complessive a 701, confermando la sostanziale stagnazione del saldo tra iscrizioni e cessazioni. Dati, che confermano la forte relazione tra clima di fiducia e natalità delle imprese e che rendono evidente il significativo scoraggiamento nell’avviare nuove attività che ha caratterizzato molta parte di questo periodo. Si tratta, comunque, di un valore di gran lunga inferiore rispetto alla serie dei primi trimestri degli ultimi dieci anni, tutti sempre chiusi in campo negativo, per cui è ragionevole stimare l’esistenza di una “platea nascosta” di imprese che, in altre circostanze, avrebbero già chiuso i battenti.

Dal punto di vista delle forme giuridiche adottate dalle imprese, il contributo in controtendenza viene sempre dalle società di capitali (30 imprese in più nel trimestre, pari ad un tasso di crescita positivo dello 0,34%, in lieve rallentamento rispetto al 2020, e ben lontano dal buon risultato del 2018 quando si registravo quasi un 1%). L’aggregato che arretra di più e che spiega gran parte del saldo negativo complessivo è quello delle imprese individuali, diminuite in tre mesi di 181 unità (in termini relativi si tratta di un -0,90% contro il -2,11% del 2020), mentre meno significativa, in termini assoluti, è stata la riduzione delle società di persone (-39 unità, corrispondente al -0,63%, in termini percentuali una velocità quasi dimezzata al confronto con lo stesso periodo dello scorso anno e un po’ più lenta rispetto a quella delle imprese individuali). Solo in lieve contrazione sono le altre forme giuridiche (cooperative e consorzi), con 6 unità in meno.

Tra i settori, gli unici che non diminuiscono la propria base imprenditoriale sono le attività immobiliari, i servizi di informazione e comunicazione, il comparto relativo a noleggio e servizi alle imprese e i servizi sanitari. In termini assoluti i saldi negativi più pesanti si registrano ancora una volta in agricoltura (-92 unità, si tratta di una tendenza di fondo che prosegue da anni, che solo saltuariamente rallenta) e nel commercio (-73), settore che conferma la contrazione già evidenziata lo scorso anno, cui si deve più di un terzo dell’intero saldo negativo. Continua il ridimensionamento anche del settore edile, -31 unità, bilancio segnato dal trend particolarmente pesante del settore artigiano (-23 unità), un valore che da solo spiega gran parte dell’ulteriore battuta d’arresto dell’edilizia. Contrazioni più contenute si registrano poi, nelle attività di alloggio e ristorazione (-14) e nei servizi di trasporto (-7).

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Gli indicatori per il settore artigiano registrano contrazioni che in termini relativi risultano in linea con quanto rilevato dal totale delle imprese (-0,58%). L’andamento di questo particolare settore economico è fortemente determinato da quello delle imprese individuali, la forma giuridica più diffusa tra gli artigiani (il 77% del totale). L’unico settore artigiano che cerca di contenere la contrazione del comparto, con una variazione positiva, ma non significativa, è rappresentato dal gruppo di imprese del noleggio-servizi alle imprese.

Servono interventi volti al rafforzamento patrimoniale delle imprese, definendo subito un incentivo vigoroso a favore degli aumenti di capitale con un credito di imposta pari ad almeno il 70%, eventualmente da utilizzare in più anni, per arginarne l’impatto sulla finanza pubblica”. Così Paolo Govoni, commissario straordinario della Camera di commercio, che ha aggiunto: “Quanto ai ristori, da mesi abbiamo segnalato la necessità di superare le gabbie dei codici Ateco, ma anche di superare la logica delle perdite di fatturato per determinare i contributi a fondo perduto, introducendo criteri che tengano conto dei costi fissi sostenuti come, ad esempio, i canoni di locazione e di leasing, i tributi locali e le utenze”.page1image598514000