
Vittorio Sgarbi: “Capolavoro che non fa rimpiangere Klimt”
«L’arrivo, in autunno, della Primavera di Chini è una festa per Ferrara, che nella mostra di Arrigo Minerbi accoglie un capolavoro dannunziano che non fa rimpiangere Gustav Klimt». Così Vittorio Sgarbi, ideatore della mostra Arrigo Minerbi: il “vero ideale” tra liberty e classicismo, che annuncia la presenza in città de La Primavera di Galileo Chini.
«Tra le ottanta opere pittoriche e scultoree riunite al Castello estense, la retrospettiva si arricchisce di un’altra opera straordinaria, che diventa valore aggiunto sull’approfondimento della poetica secessionista e del classicismo del grande scultore ferrarese, afferma Marco Gulinelli, assessore alla Cultura del Comune di Ferrara. La mostra ci riconnette con altri importanti autori del tempo, tra cui Galileo Chini, a cui si deve anche il merito di aver diffuso la cultura della pittura neobizantina di Gustav Klimt».
La monumentale opera del pittore fiorentino, alta 4 metri e larga 2, negli scorsi mesi parte della mostra Klimt e l’arte italiana al Mart di Rovereto da poco conclusa, sarà ora ammirabile a Ferrara, come il resto dell’esposizione dedicata a Minerbi, per tutto l’autunno, fino al 26 dicembre.
In queste ultime ore, infatti, il raffinato pannello è stato allestito nella sala che apre la retrospettiva che omaggia lo scultore ferrarese prediletto da Gabriele d’Annunzio. La rassegna, organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dal Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara e curata da Chiara Vorrasi, infatti, non è solo l’occasione per un inedito approfondimento sull’apporto di Arrigo Minerbi alla poetica secessionista e al classicismo, ma ricostruisce anche i contatti che l’artista aveva con altri importanti autori del tempo, tra cui Galileo Chini, celebre e poliedrico interprete.
Il prezioso capolavoro, intitolato La vita e l’animazione dei prati, del 1914, fa parte del ciclo decorativo La Primavera, destinato al padiglione centrale della XI Biennale di Venezia. «Di straordinaria valenza decorativa e raffinatezza tecnica, l’opera è un inno alla perenne rinascita della bellezza attraverso il potere creativo dell’arte», sottolinea la curatrice Chiara Vorrasi. Il seducente motivo della cascata di serti vegetali che si riversa su flessuosi nudi, come un elisir di eterna giovinezza, è una delle più immersive riletture del secessionismo di Klimt. A sua volta Minerbi offre una soluzione affine nel marmo Lampada nuziale, con la pioggia di serti floreali sui gracili nudi infantili che compone una sofisticata allegoria dell’inesausta fecondità e bellezza della natura. L’accostamento delle due opere nella stessa sala è anche lo spunto per raccontare l’intenso rapporto tra gli autori.
«Le ricerche condotte in occasione della retrospettiva, specifica Chiara Vorrasi, hanno appurato che Chini possedeva un calco in gesso di un celebre marmo di Minerbi, Mattino di primavera (1919), che decise di lasciare alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti. Questo pegno di stima tra artisti risaliva probabilmente alla fine degli anni dieci del Novecento, ma i due dovevano conoscersi da tempo». Probabilmente, secondo la curatrice, Minerbi aveva conosciuto Chini già all’inizio del secolo, quando si trasferisce dalla natia Ferrara a Firenze (1902) per studiare all’Accademia e lavorare come decoratore e ceramista: «Quasi certamente – conclude Vorrasi – Minerbi collabora con la manifattura di ceramiche diretta da Chini e presieduta dal conte ferrarese Vincenzo Giustiniani che il giovane scultore ben conosceva.
A Ferrara si conservano testimonianze del loro lavoro in due edifici affiancati su Corso Cavour, Villa Melchiorri, capolavoro del liberty ferrarese decorato da Minerbi nel 1905, e Villa Amalia, che nel 1904 era stata ornata delle ceramiche chiniane. Anche la produzione minerbiana del decennio successivo evidenzia continue tangenze con i fregi decorativi di Chini, come ben testimonia la citata Lampada nuziale e Pianto del fiore, altra opera in mostra a Ferrara realizzata nel 1922 dopo il trasferimento a Milano, in cui si apprezzano analogie con i flessuosi nudi della Primavera».
Arricchiscono il percorso anche le opere di Gaetano Previati, Leonardo Bistolfi, Adolfo Wildt, Ercole Drei, Felice Casorati, Ubaldo Oppi, Mario Sironi, Antonio Maraini e Achille Funi. L’arte di quest’ultimo verrà presto celebrata con un’ampia retrospettiva a Palazzo dei Diamanti (dal prossimo 28 ottobre).