
90 le opere in esposizione fino al 31 luglio 2022, ingresso gratuito. Novità dell’edizione ferrarese: una sezione dedicata ai Neoestensi, quegli autori otto-novecenteschi che si “ispirarono” al Rinascimento
Il quattrocentesco Palazzo Bonacossi vede oggi, giovedì 7 aprile, la riapertura delle sue porte con la mostra FAKES da Alceo Dossena ai falsi Modigliani, organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dal Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara in collaborazione con il Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto.
La mostra, nata da un’idea di Vittorio Sgarbi e curata da Dario Del Bufalo e Marco Horak con la collaborazione di Pietro Di Natale, approfondisce l’appassionante capitolo del falso nell’arte ripercorrendo la vicenda artistica del cremonese Alceo Dossena. L’esposizione è stata inaugurata martedì da Sgarbi, con l’assessore Marco Gulinelli e presenta, tra le altre cose, una novità assoluta: una intera sezione dedicata ai neo-estensi, che indaga l’attività della “scuola autoctona di copisti e falsari che dalla Restaurazione e fino quasi al 1968 si esercitavano soprattutto nel rendere le energiche espressività del Rinascimento estense“, spiega Lucio Scardino, curatore della sezione. Tra questi anche il piacentino Giacomo Zilocchi, autore delle statue di Niccolò III e di Borso d’Este, poste nel 1927 dinanzi al Municipio di Ferrara.
Oltre a Zilocchi, tra XIX e XX secolo, autori ferraresi come Gaetano Davia, Ambrogio Zuffi, Ernesto Maldarelli, artista ferrarese del legno, e poi nel Novecento i cugini Antonio e Romano Alberghini, Enzo Nenci, Ulderico Fabbri furono variamente attivi – sottolinea Scardino – e zelanti nell’assimilarsi al gusto neo-estense, favorito anche dallo sviluppo del mercato internazionale dell’arte.
Si rintracciano loro interventi anche a Palazzo dei Diamanti, presso la tomba di Borso in Certosa, nelle facciate di Palazzo Prosperi-Sacrati e di Palazzo Roverella. Per la pittura è famosa l’attività della Bottega Boldini, che sotto la guida del capofamiglia Antonio, tentava di rifare capolavori di Garofalo e Raffaello, Francesco del Cossa e Dosso Dossi, non di rado con intenti fraudolenti.
Giorni e orari di apertura
- giovedì e venerdì 15–18.30
- sabato e domenica 10.30–18.30
- chiuso lunedì, martedì e mercoledì
- aperto anche 18 e 25 aprile 10.30–18.30
Ingresso gratuito
La mostra: FAKES da Alceo Dossena ai falsi Modigliani
Alceo Dossena (1878-1937), formidabile creatore di sculture che trasmettono tutta la vitalità e il sapore degli originali precristiani, medioevali o rinascimentali cui sono ispirate. Dossena era capace di imitare uno stile piuttosto che un’opera in particolare, talvolta miscelando motivi derivati da artisti diversi. Inoltre, riusciva a donare alle sue creazioni la patina del tempo, rendendole così ancor più convincenti. Studiosi e direttori di musei di tutto il mondo le attribuirono a maestri del calibro di Simone Martini, Mino da Fiesole, Desiderio da Settignano, Antonio Rossellino, Donatello e Verrocchio.
Formatosi a Cremona, nel 1908 si trasferisce a Parma dove lavora come copista nella bottega dello scalpellino Umberto Rossi. Nel 1912 i due diventano soci e risalgono a quell’epoca alcune opere che imitano i modi di Benedetto Antelami. Di stanza a Roma durante la prima guerra mondiale, Dossena conosce gli antiquari Alfredo Fasoli e Alfredo Pallesi: saranno loro a commissionargli numerose sculture all’antica che venderanno poi come originali a facoltosi clienti americani. Intorno al 1926 iniziano a circolare le prime voci sull’esistenza di un artista italiano autore di falsi, ma lo scandalo scoppierà solo nel 1928 e prenderà il via una lunga stagione di processi. Da quel momento Dossena inizierà a firmare e datare i suoi lavori, affermandosi come uno dei maggiori virtuosi della scultura del tempo.
Ma il caso di Dossena non è il solo. Tra la fine del XIX e i primi decenni del XX secolo la richiesta di opere antiche da parte dall’aristocrazia europea e ancor più dai ricchi statunitensi è tale da favorire l’immissione sul mercato antiquario di numerosi falsi realizzati da altri abilissimi artisti-artigiani: Giovanni Bastianini, il più celebre scultore-falsario dell’Ottocento, autore di opere in stile rinascimentale, Icilio Federico Joni, che nella sua autobiografia del 1932 si definisce «pittore di quadri antichi», specializzato in tavole dal fondo oro nello stile dei Primitivi senesi, e Umberto Giunti, allievo ed erede di Joni.
Non mancano altresì casi ferraresi e padani, come documenta la selezione suggerita da Lucio Scardino, con sculture di artisti operanti tra Otto e Novecento che si impegnano a far rivivere uno stile neo-estense, tra falsificazione e revival; tra essi Gaetano Davia, Ambrogio Zuffi, Antonio Alberghini, Giacomo Zilocchi, Enzo Nenci, Ulderico Fabbri.
“Falsi autentici” sono invece le celebri “teste di Modigliani” ritrovate nel Fosso Reale di Livorno nell’estate del 1984. Ritenute autentiche da eminenti critici d’arte, si scopre in seguito che si tratta di una beffa architettata, per scherzo, da tre studenti universitari, Pietro Luridiana, Pier Francesco Ferrucci e Michele Ghelarducci, e, per protesta, da Angelo Froglia, scultore e pittore livornese.
Nelle sculture esposte in mostra – racconta lo storico dell’arte Scardino – si trovano nobili modellati, smaccate falsificazioni, colte citazioni-omaggio (si va da Donatello al Verrocchio, da Laurana a Di Paris), reinvenzioni fisionomiche di Estensi e dei loro cortigiani. Il taglio ambiguamente neo-estense raggiunge anche le contigue province, interessando scultori quali i reggiani Ferrante Zambini e Mario Salvini o collezionisti-ingannati, come l’argentano Mario Magrini, il modenese Matteo Campori e il veneto-ferrarese Vittorio Cini. Entrambi possedevano opere del cremonese Alceo Dossena, nel primo caso (una Madonna con bambino con uva in mano) firmato dallo stesso Dossena, quindi un falso autentico; nell’ altro, invece (San Girolamo nel deserto) attribuito a un autore del Quattrocento lombardo, quindi un falso ingannevole, che però rivela la grande qualità tecnica di Dossena”.
Ad integrazione della mostra di Palazzo Bonacossi è esposta al Museo Schifanoia una delle due copie fotografiche del Seppellimento di santa Lucia di Caravaggio, oggi a Siracusa, realizzate dalla Fondazione Factum Arte in occasione della mostra Caravaggio. Il contemporaneo (Rovereto, Mart, 9 ottobre 2020 – 14 febbraio 2021). Davanti al “doppio” il visitatore può interrogarsi sull’identità dell’opera d’arte e al contempo apprezzare i risultati delle più moderne e sofisticate tecnologie che permettono di riprodurre con straordinario illusionismo la concretezza fisica di dipinti e sculture di ogni epoca. Nondimeno la copia può addirittura trarlo in inganno richiamando idealmente le vicende accadute a coloro che si sono trovati a valutare l’autenticità delle opere dei falsari esposte a Palazzo Bonacossi.