
Torcia accesa nella notte dell’11 novembre, il fenomeno perdura dal 5 novembre
Stando a quanto comunicato dalla società competente (http://www.ifmferrara.org/comunicazione-eventi-percepibili-all-esterno-del-sito-petrolchimico/) si da atto che “nei mesi di settembre, ottobre e fino al 15 novembre 2019, gli episodi di accensione delle torce di emergenza e conseguenti emissioni in atmosfera di metano, idrogeno e ammoniaca, saranno rispettivamente di 20 giorni, su 76 complessivi”. In questo modo i giovani di Fridays For Future di Ferrara hanno voluto richiamare l’attenzione sull’inquinamento, e le relative ripercussioni sulla salute, della città di Ferrara e della sua provincia.
Sul sito della società si legge che questi fenomeni sono avvenuti in concomitanza ad attività di manutenzione e avviamento degli impianti e che “non vi siano effetti su persone o cose, ma solo eventi di luminosità e rumore”.
“Tali eventi destano invece forte preoccupazione in una città come Ferrara, – ha commentato il movimento – in cui all’inizio del mese di marzo 2019 era già stato stato superato il limite di sforamenti di Pm 10 previsto per l’intero anno, dalla direttiva 2008/50 UE. La norma comunitaria prevede un massimo di 35 giornate di sforamento, al di sopra delle quali scatta la procedura d’infrazione. In poco più di 60 giorni si sono sforati i limiti previsti per 365 giorni”.
E aggiungono: “L’Italia deve assolutamente introdurre misure più stringenti per migliorare la qualità dell’aria, e Ferrara non è di certo da meno. Gli effetti a lungo termine sulla salute delle persone non sono calcolabili e riassumibili nelle coincise quanto blande rassicurazioni fornite dalla società che gestisce le comunicazioni inerenti i fenomeni percepibili all’esterno della struttura”.
I Fridays For Future di Ferrara hanno poi voluto richiamare l’attenzione su alcuni studi sull’incidenza di tumori, che disegnavano un triste collegamento tra la città di Ferrara e quella di Taranto: “nel 2016 molti quotidiani locali hanno riportato che l’incidenza dei tumori sulla popolazione ferrarese superava persino quella registrata a Taranto dall’ormai tristemente celebre Ilva. Le analogie tra le due città, che condividono un polo industriale prossimo al centro abitato, sono chiare ed inequivocabili. Le istituzioni non possono voltarsi dall’altra parte pur di non limitare na produzione, nascondendosi dietro la retorica dei posti di lavoro garantiti da tali stabilimenti”. E aggiungono: “Studi condotti intorno all’ILVA di Taranto hanno evidenziato come l’incidenza di malattie derivanti da inquinamento industriale fossero maggiormente concentrate in quegli abitanti che risiedevano proprio nei pressi della fabbrica. Mentre a Ferrara i dati resi pubblici riguardano solo la Provincia o l’intero Comune”.
Siamo consapevoli che puntare verso la conversione della chimica e dei bruciatori in altre attività meno impattanti non sia una questione prettamente e meramente ambientale, ma anche e sopratutto sociale e lavorativa. Ma nessun operaio, di Ilva o Polo Chimico che siano, dovrebbe avere una responsabilità sociale e ambientale così grave sulle proprie spalle. Nessun lavoratore dovrebbe praticare la propria attività in un luogo insalubre e spendere i propri guadagni per far fronte alle cure proprie o della propria famiglia
I membri del movimento concludo dicendosi “sinceramente preoccupati dall’inquinamento atmosferico causato dalle polveri sottili prodotte da questi fenomeni di combustione localizzati”, e avanzano la richiesta che “gli stessi studi condotti intorno all’Ilva di Taranto sull’incidenza dei tumori nelle persone siano condotti anche sui residenti nei pressi del polo industriale di Ferrara”.