Le aziende utilizzavano una partita Iva fantasma

 

Il Comando Provinciale di Ferrara, al termine dell’operazione denominata “China Fashion”, condotta a carico di imprenditori di origine cinese con aziende nel settore manifatturiero, ha denunciato 18 soggetti per frode fiscale.

Ammonta ad oltre 12 milioni di euro il giro delle false fatture emesse ed utilizzate dagli imprenditori indagati, che ha portato ad un’evasione delle imposte sulle persone fisiche, sulle società e dell’IVA, per circa 4 milioni di euro.

 

Le indagini eseguite dai militari della Compagnia di Ferrara, hanno portato all’individuazione di un’azienda ferrarese, con partita Iva già cessata d’ufficio nel 2013, che aveva però continuato a generare un giro d’affari di decine di milioni di euro. Cifra già sproporzionata rispetto all’attività: a suo tempo dichiarata di “confezioni di abbigliamento” ed esercitata in forma individuale. Questa azienda è risultata riconducibile ad un cittadino di origini cinesi, mai reperito sul territorio nazionale, un vero e proprio soggetto fantasma agli occhi dell’amministrazione finanziaria. Gli approfondimenti investigativi eseguiti nel corso delle indagini non hanno permesso di identificare e rintracciare il fantomatico imprenditore, domiciliato presso un indirizzo sconosciuto alla toponomastica del Comune di Ferrara e che non risulta aver mai richiesto il rilascio del permesso di soggiorno.

Le indagini, durate oltre un anno e mezzo, hanno permesso di rilevare che l’illecito sistema di frode, basato sul giro di false fatturazioni, era articolato e diffuso in tutto il centro nord (Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Marche e Lazio) ed utilizzato dagli imprenditori coinvolti, anch’essi di origine cinese, per abbattere e talvolta azzerare gli importi delle imposte da versare.

Le aziende coinvolte, indipendenti fra loro e tutte realmente attive, anche se a volte con un breve ciclo di vita, sono risultate essere delle conto terziste di altre ditte, operanti principalmente nel settore dell’alta moda calzaturiera, dell’abbigliamento e del pellame. Gli approfondimenti investigativi hanno consentito di appurare che le aziende implicate nella frode hanno utilizzato fatture manoscritte, con grafie differenti, timbri diversi nella forma, ma tutte con la stessa denominazione e partita Iva del soggetto fantasma individuato, nonché descrizioni generiche, spesso riferibili ad indecifrabili codici merci, apposti per indicare i prodotti commercializzati.

Al termine delle indagini di polizia giudiziaria, tutte le aziende cinesi coinvolte nella frode sono state sottoposte a verifiche fiscali da parte delle Fiamme Gialle estensi.